Critica dal 1944 al 1963 ...estratto di alcuni articoli apparsi sui quotidiani nei primi anni della carriera di Livio Benetti
"IL TRENTINO" 1944
"... il suo impressionismo è sostenuto da un'armonia lirica, il suo colore è robusto. La sua tavolozza è sgargiante. Sente la bellezza del paesaggio, la poesia dei fiori, il fascino delle trasparenze e delle solitudini con delicatezza non comune e insieme con solida vigoria ".
M. G. P.

"VITA TRENTINA" 1944
"..il Benetti costruisce vivacemente come sotto uno stimolo e ben di rado l'inganno momentaneo di un compiacimento esteriore sopraffà l'ispirazione o pregiudica il ritmo di una ricerca tonale, volumetrica, o propriamente compositiva".
GIULIO DE CARLI

"L'ORDINE DELLA DOMENICA" 1944
" Può interessare la critica accademica il fatto che, fra tanto imperversare di avventure artistiche, di negazioni febbrili o di affermazioni patologiche, ci possa essere una ricerca così fiduciosa e sana, ma sarebbe più facile interessare il popolo, assente e profano da troppo tempo alle alchimie dell'arte. Per una formulazione realistica del ritratto e della figura nella quale vibra raramente qualche moto arcano; per una economia serena di tocchi che sembra riflettere un senso di turbato rispetto alla divina nobiltà del volto; per la gioia della vita che canta nella ampiezza del ritmo si potrebbe parlare di popolarità dell'arte di Benetti se " umanità " non fosse sufficientemente comprensivo ".
GIULIO SPINI

"LAVORATORE VALTELLINESE" 1946
"... dimostra ancora una volta come la sua arte non sia una manifestazione affrettata di spirito commerciale, ma espressione di una continua e tormentosa ricerca di quella coscienziosità attenta, che gli è riconosciuta anche da notissimi critici d'arte ".
AMEDEO PANSERA

"IL POPOLO" 1945
" ll Benetti mostra di voler tendere tutte le sue doti di franco, disarmato ascoltatore dei segreti poetici che si carpiscono all'ascolto discreto tra le forre solitarie, sul risvoltare dei sentieri, al traguardo dei recinti e degli stagni. Allora quando gli avviene di dimenticare di più la perentoria fragorosità della ciclopica mitologia alpestre, il suo accento diviene più sciolto e personale, il suo linguaggio spontaneamente trova appoggio in delicati ritmi compositivi, in dolci, quasi religiose sinfonie tonali ".
COSTANTINO BARONI

"IL POPOLO TRENTINO" 1947
" Livio Benetti dunque fornisce lodevolissimi saggi della sua fervida e dotata natura d'artista, incessantemente sollecitata da una impellente emotivita e dalla insaziabile avidità di esperienze culturali; mentre documenta il suo fermo e intelligente proposito di convogliare, questa e quella, verso il preciso e nobilissimo scopo di restituire alla pittura il suo fondamentale carattere: la comunicatività, e rivalutarne così l'alta funzione sociale ".
GIULIO DE CARLI

"CORRIERE DELLA VALTELLINA" 1948
"... chi ha seguito da vicino l'attività del Benetti nel periodo non breve della sua vita sondriese, sa benissimo che anzichè adagiarsi in un determinato stile di interpretazione pittorica e cullarsi nell'illusione di aver subito trovato se stesso, egli si è sottoposto sempre al continuo travaglio di una tormentosa e ben meditata ricerca, attraverso la quale, il pittore sempre gradito al pubblico, si è progressivamente trasformato in interprete sempre più personale della natura, migliorando non soltanto la sua arte, ma contribuendo non poco a raffinare il gusto di quegli appassionati, ai quali manca la possibilità di visitare le mostre d'arte dei grandi centri ".
AMEDEO PANSERA

"IL POPOLO" 1948
" Ricerca dispiegata nell'assoluta disponibilita e personalizzazione della tecnica pittorica ed allo stesso tempo nell'ascolto di un mondo interiore che andava riconosciuto a poco a poco, fra le mezze confessioni di un cuore non facile a concedersi e invece tutto pudicizia e discrezione ". " ... padronanza ormai posseduta di un mestiere vario, ricco, immediato. La sua arte prende a spaziare, assume un costrutto largo e solenne, pur restando umile nella sua quasi religiosa emotività lirica ". "... uno stile destinato a rimanere fra le più schiette manifestazioni di questo nostro tempo di mistificazioni, e di sterili accademie ".
COSTANTINO BARONI

"CORRIERE DELLA VALTELLINA" 1952
" E' chiaro che Livio Benetti è uno che guarda direttamente la natura e la ritrae con amoroso rispetto di ciò che vede: ma non sacrifica, non pospone però la pittura all'ossequio verso una verità, che è pur sempre mutevole apparenza... ". "... il tema figurativo... è pur sempre scelto in funzione di effetti e di intendimenti, esclusivamente pittorici. Il colore dei suoi quadri è ricco e sensuale, la pennellata larga, pulita, il tono è giusto, il disegno è sciolto ma non evasivo, la composizione è chiusa in equilibri ordinati ".
GIORGIO PERISSINOTTO

"RIVISTA DEL CLUB ALPIND ITALIANO" 1958
"... i freschi disegni di Livio Benetti che restando fedele al paesaggio lo interpreta, creando sapientemente quel " clima valtellinese " che si respira cosi volontieri. E quando un disegno giunge a tanto, il suo valore artistico è palese ".
AURELIO GAROBBIO

"L'ORDINE" 1963
" Anche i più ottimisti pittori che hanno voluto cimentarsi nella raffigurazione di questa valle raramente hanno connesso il paesaggio a qualche cosa di sintetico. Silenzi elegiaci per i più superficiali, tragicità per chi vuole scavare nel terreno arduo di questa terra. Senza cadere nella raffigurazione esplicativa della pittura
"sociale", Benetti ha saputo cogliere nei suoi paesaggi il senso della vita, e ancor più della vita-morte, della vita-passaggio e: " Non vera, forse un brutto sogno ". Arcaismo, peso delle generazioni passate, antiche, morte. Siamo davanti al modello di
un grande affresco, che in giorni di durissimo lavoro, Benetti ha realizzato a Bormio l'anno scorso. Dietro la naturalistica presentazione di un paese fatto di torri e campanili e brevissime notazioni cronistiche, si vedono le montagne simboleggiate dai santi protettori di Bormio. La tecnica si scioglie ed è tutto un gioco di figure umane o umanizzate, dove le trasparenze formano brevi pinnacoli di montagna vera, di sasso azzurrato, per poi ritornare figura umana.
Il simbolismo, sempre arduo da realizzare, perchè troppo facile è cadere nel banale, qui trova la sua sede naturale ch'è l'evocazione, detta e non detta, soprannaturale. La solitudine, per un artista è la base prima, la materia, che esige il procedere nel lavoro artistico. Benetti è semplicemente immerso nel lavoro e crediamo sia giunto alla grande curva, quella decisiva per tutti, dove la volontà di espressione è così forte che rende spasmodico il bisogno del tempo ".
FERRUCCIO SCALA

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