L'uomo e l'artista
Ricordo di Livio Benetti
di Bruno Ciapponi Landi
Pensando a Livio Benetti, in questi giorni in cui ricorre l'anniversario della sua morte, non fatico a rintracciare nei ricordi della mia infanzia l'incontro con la sua figura di educatore, pubblico amministratore e artista.
Nella Sondrio del dopoguerra, dove si era trasferito con la famiglia dalla nativa Trento, Benetti era già un uomo in vista per incarichi politici e professionali. Insegnava disegno e storia dell'arte alle "Magistrali" delle quali sarebbe diventato, qualche anno dopo, preside. In quegli anni era anche assessore all'istruzione e alla cultura, e vicesindaco di Sondrio.
I suoi scritti, soprattutto d'arte, e le sue proposte di abbellimento della città comparivano sui giornali e curava anche le pubblicazioni di una banca locale sulle quali i suoi disegni figuravano insieme ai testi del provveditore agli studi Credaro (nume massimo, ovviamente, per noi scolari).
Al cimitero. di quando in quando, comparivano i suoi lavori (un grande Cristo deposto, in bronzo, aveva costituito una vera novità dell'arte funeraria cittadina, a lungo pressochè dominata dal Gunella).
Gli anni in cui fu pubblico amministratore, gli permisero un produttivo sodalizio con Gian Battista Gianoli e con altri valorosi cultori da cui derivò il riordino e il rilancio della biblioteca civica e la nascita del Museo Valtellinese di Storia ed Arte.
Qualificate mostre a tema organizzate a Villa Quadrio (Dantesca, sul Risorgimento, sul patriota Maurizio Quadrio, sul '59 in Valtellina, sulla bibliografia artistica della provincia) animarono la languente vita culturale valtellinese, anche attraverso i cataloghi pubblicati sulla Rassegna Economica della CCIAA.
Con il suo determinante e paziente impegno rinacque il Sindacato Artisti che attraverso mostre, collettive e personali (al Palazzo del Governo, a Villa Quadrio, alla sala della Camera di Commercio), avviò in questo campo una stagione suscitatrice di grande interesse.
Più tardi iniziò la serie dei ritratti ufficiali (da sempre ne eseguiva, in pittura e scultura per privati). Prima i personaggi storici valtellinesi nei mosaici di Piazza Garibaldi e c.so Vittorio Veneto, poi la serie di medaglioni-ritratto per la gran parte di contemporanei, disseminati in tutta la valle. Il suo stile incontrava; per quanto attento a ciò che accadeva nel mondo (e furono, i suoi, decenni rivoluzionari nel campo delle arti figurative) rimaneva leggibile, organico al gusto della sua gente e, a un tempo, fedele a sè stesso, ed io non riesco ad immaginare questa scelta slegata da quella che ritengo la sua vocazione predominante di educatore.
Importante è stato il contributo dato da Benetti, attraverso la scuola, gli scritti e non poche iniziative per la valorizzazione del patrimonio d'arte, cosiddetta minore, di cui è straordinariamente ricca la nostra terra e, in genere, per quanto di bello essa offre. I suoi anni di presidenza dell'Ept non furono che il coronamento di un lungo lavoro di valorizzazione iniziato fin dal suo arrivo a Sondrio.
Il successo (non facile) è documentato dal numero di opere presenti in molte piazze e in tanti edifici pubblici valtellinesi e valchiavennaschi. Naturalmente le committenze di fuori provincia lo inorgoglivano, ma credo che il suo vero orgoglio fosse quello di aver espugnato la rocca dell'indifferenza diffusa che caratterizzava l'ambiente al tempo del suo arrivo a Sondrio.
Pochi anni prima della sua scomparsa aprì una galleria personale in città dove lo si poteva incontrare facilmente, sempre attivo e disponibile. Nelle vetrine, insieme alle ultime opere comparvero a gruppi gli originali di quei disegni delle monografie credariane, nella freschezza dei quali era possibile trovar traccia della malia che la nostra valle aveva esercitato su di lui fino a legarlo indissolubilmente a sè, a riconoscersi nella sua traduzione artistica della suggestione di scorci e paesaggi.
Ai miei occhi Benetti aveva poi un pregio raro: in lui l'artista non ha mai prevalso sull'uomo. Questa qualità gli ha permesso di collaborare con tanti colleghi superando le suscettibiliti e anche le invidie di molti. Va anche ascritto fra i suoi meriti avere sollecitato la partecipazione di noti artisti a concorsi per la realizzazione di opere d'arte in edifici pubblici sondriesi (contribuì alla scelta della bella fontana di Negri e dei mosaici di Cassinari, entrambi alle ex "Magistrali").
L'amicizia con noti artisti di fuori provincia, dei quali godeva la stima, gli diede occasioni d'incontro per discutere e confrontarsi, cosa che fece fino all'ultimo e che gli consentì di non essere "provinciale", malgrado l'obiettiva perifericità della valle e della città in cui aveva scelto di vivere.


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