Da "Il lavoratore Valtellinese"
E' un'iniziativa editoriale di prim'ordine questa monografia su Livio Benetti realizzata dal figlio Franco. Ed è la prima volta, se non vado errato, che nella storia dell'editoria valtellinese un privato, che non sia un istituto bancario, presenta un libro d'arte che non teme confronti, per veste tipografica e qualità delle immagini, con la migliore editoria nazionale.
di Franco Monteforte
Questo libro consente una prima valutazione critica d'insieme di 45 anni di attività (l'opera più remota che si presenta infatti in questo volume è un ritratto in bronzo del 1936) dell'artista forse più noto in Valtellina.
66 anni, trentino, da oltre quarant'anni in Valtellina, Livio Benetti è ormai una presenza costante e multiforme nell'arte valtellinese.
La sua arte affonda la propria ispirazione nella tensione fra due poli geografici, il Trentino e la Valtellina (come suggerisce lo stesso titolo del libro), caratterizzati dalla comune appartenenza all'area alpina. Sicuramente trentino per mentalità nell'opera di Benetti confluiscono tuttavia tre componenti culturali diverse: il clima artistico viennese degli anni '30 fra Klimt e Kokosckha rivissuto attraverso la lezione classicista del suo primo maestro lo scultore Stefano Zuech, il classicismo rinascimentale a lungo studiato a Firenze (anche Benetti ha bagnato il proprio pennello in Arno); la lezione dell'impressionismo francese e soprattutto, direi, del post-impressionismo, cioè della pittura " en plein air " e della risoluzione della forma in colore, lezione quest'ultima appresa nella patria del colore che è Venezia e la scuola veneziana.
Sono queste influenze che gli consentono di superare una visione romantica dell'habitat alpino, sospesa fra mito comunitario del Volk (Popolo) e mito tragico del superuomo, visione che si compendia nell'insopportabile produzione di Segantini. Si guardi invece al gusto schiettamente impressionistico con cui Benetti tratta i temi dell'acqua (i riflessi) e della neve, due temi classici dell'impressionismo da Monet a Sisley. Si pensi al vigore espressionistico, alla Kokoscha, di certi scenari di montagne innevate. Si pensi al gusto per la forma espresso attraverso lo studio insistente del nudo femminile o a certi esercizi sul colore attraverso lo studio dei fiori.
Ma l'assimilazione di lezioni importanti dell'arte moderna avviene in Benetti in presenza di un forte e vigoroso sentimento religioso che lo porta, specie negli affreschi e nelle ancone, ad una ripresa di schemi tipici dell'arte rinascimentale (si pensi alla struttura perfettamente triangolare de " La Madonna del popolo ", 1957, dove per giunta il motivo del mantello riporta ad un'opera giovanile di Piero Della Francesca), non senza alcuni tentativi di scomposizione astratta dell'immagine (come ne " Il lavoro nei campi ", 1957). Anche nella scultura il fondamento religioso dell'arte di Benetti si rivela nell'insistito tema della pietas e nella riflessione religiosa sul tema della morte.
Il cattolicesimo di Benetti, schiettamente sentito e teoricamente mediato sul piano artistico da testi come " Art et scolastique " di Maritain, non è di natura contemplativa, ma si prolunga in un forte impegno civile e politico come testimonia non solo la lunga militanza politica di Benetti, ma sul piano propriamente artistico, l'attenzione a temi quali quelli del lavoro, della guerra, della violenza delle battaglie di libertà (si ricordi il monumento ai caduti della Resistenza, 1968), ai medaglioni e ai busti di "uomini politici". ( Vanoni, De Gasperi).
Nell'insieme della complessa e poliedrica arte di Benetti è dunque possibile rintracciare un'insopprimibile istanza realistica avvertita come istanza morale e legata alle radici religiose della propria arte.
In Benetti questa istanza realistica entra in contrasto con una naturale disposizione verso la risoluzione dell'oggetto nell'essenziale gioco di forme e colore, cioè verso l'astrattismo.
La tendenza verso l'astrattismo è più evidente nella pittura dove Benetti trova nell'impressionismo e nell'espressionismo un precario, ancorchè felice, equilibrio di transizione fra realismo e astrattismo, cioè una misura pittorica particolarmente congeniale alla propria "titubanza " artistica.
In tutte le altre forme espressive (scultura, affreschi) l'esistenza di una committenza, sentita da Benetti come espressione di un legame autentico con il contesto sociale in cui si svolge la propria esperienza artistica, unita alla componente religiosa tende a riportare in primo piano l'istanza realista, anche qui non senza qualche " titubanza" come abbiamo visto. L'arte di Benetti raggiunge i risultati più felici e maturi quando queste due opposte tendenze raggiungono il punto massimo di tensione.
Infine degli scritti che corredano il volume (che contiene anche un'antologia di giudizi critici), la sobria, ma efficacissima ricostruzione che fa Benetti del proprio iter artistico-culturale, mi sembra la cosa piu interessante, anche se non va passata sotto silenzio la densa e concettosa introduzione di Giulio Spini che, in parecchi punti, non ci trova affatto d'accordo.
Franco Monteforte

Critica |Rassegna Stampa
Home | Biografia | Critica | Galleria | Bibliografia | La Mostra | Virtual Tour | Info