Un artista trentino ma valtellinese di adozione
di Luigi Menapace
Livio Benetti si domanda, nelle pagine autobiografiche della sua monografia del '73 facente parte della Collana Artisti Trentini: "Chi dia oggi, nella società contemporanea, la qualifica di artista". Ha ben ragione di chiederselo perché oggi c'è molta più confusione che in passato. In numerosi cosiddetti "artisti" di questi ultimi decenni, il rapporto fra preparazione e lavoro è talmente deteriorato da non trovare più traccia della prima.
Si è creato un rapporto ambiguo ed irritato, intriso di cattiva coscienza ed incapacità. In Benetti, no. Livio proviene, come egli stesso ama sempre ricordare, da una famiglia nella quale l'amore per l'arte era di casa.
Suo padre, Gustavo aveva "bottega ", come si dice nella storia degli artisti del passato, aveva infatti una sua fucina, dove inventava incessantemente fiabe figurate che egli con grande abilità traduceva in rame sbalzato, lasciandoci l'esempio di un artigianato geniale e fervido, in onore del quale si può, rimemorando, recitare "il poeta" di Giosuè Carducci.
Lo conferma, con sue parole, Benetti quando scrive: "La mia vocazione è nata nell'ambiente della famiglia, mio padre, artista nato ed artigiano illustre nel campo dello sbalzo e cesello del rame e dei metalli, viveva per la sua arte".
Livio, ebbe poi un bravo maestro di disegno, Camillo Bernardi, in quella seria e valida scuola industriale di Trento che preparò generazioni di abili operatori ed artigiani. "Fabbro" dice la qualifica che venne indicata nell'attestato scolastico e Livio Benetti prese alla lettera la parole e divenne 'faber", come lo intendevano i latini: artefice, artista.
Gli studi di Firenze presso il Liceo Artistico e l'Accademia completano poi il quadro della sua formazione.
Inizia l'insegnamento del disegno nel 1934, partecipa a varie mostre d'arte, fa la sua parte nel servizio militare fino al 12 settembre 1943. Delle sue mostre personali, la prima è stata quella di Sondrio nel 1941 ed il nome di Sondrio non si è inserito casualmente nella sua vita; Livio Benetti infatti diventava valtellinese. La Valtellina ha pienamente adottato questo artista trentino e come si può verificare facilmente controllando l'elenco delle opere, i suoi grandi lavori di scultore si trovano principalmente nei centri di questa grande vallata, per tanti versi nobile, piena di storia e situata in mezzo a quelle montagne che un trentino nel fondo del suo cuore, non può che sempre amare.
Già nel 1937, poco più che ventenne, Livio Benetti, affronta con impostazione originale il tema della Natività; in un rilievo che rappresenta sei persone: il Bambino, la Vergine, San Giuseppe, un pastore e due angeli, più i due animali che la tradizione unisce all'avvenimento.
Tutto ciò è molto armoniosamente legato in un ideale circolo, lungo il quale corrono le linee esterne del quadro plastico, con veduta collinare sul fondo e spogli alberi sparsi.
Se passiamo poi alla Deposizione del 1946, che si trova a Sondrio, lo stesso anello ideale che indica la coerenza stilistica dell'artista, chiude la figura di Gesù e delle due donne.
Sono proprio le braccia di Cristo ad indicare le due linee arcuate della bella composizione. Non si può poi dimenticare la potente invenzione de "La Previdenza " collocata in ornamento ad una fontana a Sondrio nel 1954.
Quando più tardi il plasticare di Livio Benetti si fece scarnito ed angoloso, come il bronzeo "San Martino " (Morbegno, '58), il gioco dell'illustrazione del pieni e dei vuoti intese acquisire una nuova idea dello scolpire: un'idea pittorica che troviamo in numerosi grandi artisti del passato.
Su questa linea sono i pannelli del "Lavoro in Valtellina " (bronzo, '59) e de "Il lavoro nelle cave di granito" che è del 1965 e altri ancora.
Dei ritratti in bronzo ricordiamo soprattutto il ritratto della moglie del '42, quello di Ezio Vanoni (Sondrio, '64), l'altorilievo di De Gasperi (Trento, '64) ed una vivissima testa femminile (Sondrio, '72).
In pittura, Livio Benetti ci ha dato ampie composizioni sul tema della Madonna, grandi vedute di paesaggio e affreschi, come quello robusto sul bel tema di San Giorgio sito sulla facciata di una casa del bel paese di Grosio e risalente al 1957.
Per la pittura però bisogna dire che Benetti ha la preparazione rivelata dal suoi sensibilissimi disegni, talvolta trasportati anche in litografia, caratterizzati dal tocco ricco e leggero, come si può ben rilevare dalle opere che hanno corredato le pubblicazioni intitolate ai vari centri valtellinesi (Sondrio, Morbegno, Chiavenna, ecc.) e che in parte sono riportate nella presente raccolta.
Con questo richiamo alle "chine" ed ai "carboncini" di Benetti, si chiude il legame ideale che sintetizza l'opera di questo valido artista trentino divenuto ormai valtellinese a tutti gli effetti.



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