Gipeto e Airone: Grandi ali solcano i cieli della Valtellina dalle sorgenti dell'Adda alla sua foce



(da La Rivista del del Club Alpino Italiano - Bimestre Novembre Dicembre 2003)

L'ampio territorio della provincia di Sondrio è percorso dal lento scorrere del fiume Adda che dalle sue sorgenti, situate nel territorio del parco dello Stelvio, in valle Alpisella, raggiunge poi il lago di Como nei pressi di Colico. I cieli dell'alta valle sono ora solcati dal maestoso volo di un grande avvoltoio: il Gipeto barbato, mentre il corso del fiume dal fondo valle fino alla foce, è spesso caratterizzato, sempre più spesso negli ultimi anni, dalla presenza di un altro grande uccello, non un rapace ma un elegante ardeide; l'airone cinerino. Vogliamo qui rallegrarci del loro ritorno ricordandone le principali caratteristiche.

Il Gipeto

Ormai da anni si ripete puntuale in val Martello l'appuntamento per il rilascio nei cieli del Parco dello Stelvio, di esemplari di Gipeto Barbato (Gypaetus barbatus), meglio conosciuto come Avvoltoio degli agnelli.
Anche nel 2002, sabato primo giugno, questa ormai tradizionale "cerimonia" ha avuto luogo con il rilascio di una giovane coppia che è andata così ad arricchire il patrimonio faunistico di questa specie già presente nell'area Engadina-Trentino Alto Adige-Austria e Valtellina.
All'importante avvenimento hanno presenziato il presidente del Parco Nazionale dello Stelvio e rappresentanti della associazione "Pro Gipeto" di Zernez e del Museo di Coira , enti entrambi interessati all'iniziativa.
Il progetto di reintroduzione nato sotto l'egida del WWF e dello IUCN, ha preso avvio nel 1986 a Rauris (A) e nell'Alta Savoia (F) e prevedeva allora lanci in quattro zone dell'arco alpino: ai primi due rilasci seguirono poi quelli del 1990 in Engadina(CH) e quello della zona Argentera Mercantour(I/F), utilizzando solo esemplari prelevati da zoo o dal centro di allevamento di Vienna, dato che l'unica area in cui la specie non è attualmente minacciata, cioè i Pirenei, non era in grado di tollerare allora alcun prelievo; si arrivò così agli anni novanta con una ventina di rilasci effettuati e oggi a circa 100.
Questo maestoso uccello dall'apertura alare di circa due metri e mezzo, è infatti ancora minacciato anche nelle aree cosiddette protette: si è accertato infatti che alla fine degli anni novanta, uno dei magnifici esemplari che si erano insediati nella zona dello Stelvio, cui era stato assegnato il nome "Felix", si sia malauguratamente imbattuto, durante uno sconfinamento in territorio altoatesino, nel solito maniaco a caccia di trofei, che non ha esitato ad abbatterlo con un colpo di fucile.
Si può capire quindi facilmente come in passato si sia arrivati allo sterminio del Gipeto, rapace immeritatamente odiato dai pastori, che intorno al camino nelle lunghe sere invernali si tramandavano leggende di attacchi ai loro greggi e lo uccidevano usando le esche alla stricnina utilizzate anche per lupi e volpi; esso divenne poi per la sua rarità un trofeo sempre più ambito dai cacciatori (l'ultimo esemplare ricordato nelle Alpi italiane venne ucciso in Valle d'Aosta nel 1913 anche se è citata una segnalazione nel 1956 di un esemplare rinvenuto morto sopra Chiavenna).
La presenza di questo raro avvoltoio è concentrata soprattutto in Turchia e Marocco cui seguono per numero di coppie, Grecia, Ex Urss-Caucaso, Francia, Spagna, Israele, Ex Iugoslavia, Irak, Egitto e Algeria; a questi paesi vanno ora ad aggiungersi anche Italia, Svizzera e Austria.
Tempo fa una bella mostra sul Gipeto e sulla sua reintroduzione nelle Alpi fu presentata presso il Museo di Storia Naturale di Morbegno ed in quella occasione filmati e tabelloni spiegavano che questi enormi rapaci necrofagi sono estremamente docili e mansueti e che nonostante il loro antico appellativo, prova della cattiva fama di cui godevano come predatori di agnelli, in realtà non sono in grado di sollevare pesi superiori ai 2 kg e 1/2, cosa che non si sforzano neanche di fare in quanto il loro pasto è costituito quasi esclusivamente da ossa di carogne.
Questo non esclude che in casi di necessità (quando non vi siano carogne o rifiuti) il Gipeto si nutra anche di carne fresca come quella molto grassa e saporita della marmotta (Benny Gensbol nella sua "Guida ai rapaci diurni" ricorda come vi siano delle testimonianze di caccia a prede vive: l'avvoltoio fa perdere l'equilibrio ad animali indeboliti o feriti che si trovavano su pendii scoscesi); a proposito poi delle sue capacità di trasporto ho la prova fotografica di un Gipeto che trasporta ad alta quota una marmotta il cui peso è senza dubbio superiore ai 2 kg e 1/2.
Estremamente ingegnoso è il sistema con cui le ossa più grandi e che non possono essere ingoiate intere, vengono spezzate: dopo ampi volteggi per alzarsi di quota, l'osso viene lasciato cadere sulle rocce sottostanti dove si frantuma in mille pezzi.
La solennità del volo del Gipeto lascia senza parole e l'ampiezza dell'apertura alare, che come già detto, può raggiungere i due metri e 1/2 può far rabbrividire anche la persona preparata a questi incontri, quando improvvisamente compare silenzioso pochi metri sopra la testa; devo dire però che a differenza dell'aquila che ha sempre un atteggiamento minaccioso e fiero, il Gipeto non incute paura e anzi col suo mento barbuto, l'avvicinarsi curioso e l'aspetto decisamente originale, ispira un senso di fiducia e simpatia.
Di certo è vero , come osserva F.Framarin ne "Il Gipeto e le Alpi-Storia di un ritorno", che per un protezionista come per chi ama semplicemente la natura, il massimo della gioia è raggiunto in rari incontri ravvicinati con le grandi bestie selvatiche nel loro ambiente naturale; il ricordo di certi momenti non scompare mai.
Come l'Aquila il Gipeto depone normalmente due uova, anche se, a differenza degli altri uccelli, non in primavera ma in inverno, dato che il suo cibo primario che, come detto, è costituito da animali morti, è più abbondante alla fine della stagione fredda quando si liberano dalle nevi le carogne degli animali uccisi dalle malattie, dal gelo o dalla caduta di valanghe.
Come succede per pochissime altre specie di rapaci come l'aquila anatraia minore (nella maggior parte degli altri rapaci il più giovane viene lasciato morire per fame), si verifica poi nelle prime settimane di vita quel crudele ma purtroppo necessario fenomeno denominato "cainismo" per cui il più forte dei due piccoli nati, in genere quello più anziano, uccide il più debole.
Interessante sarebbe poi prendere in esame il comportamento sullo stesso territorio di questi due maestosi rapaci che pur scontrandosi spesso in tremendi conflitti aerei, non dovrebbero essere in concorrenza tra loro nell'ambito della catena biologica naturale ma anzi integrarsi reciprocamente come anche succede con la Lince ed il Lupo (il Gipeto può infatti approfittare di parte delle loro prede- caso limite segnalato è quello di collaborazione di un gipeto nella costruzione di un nido d'aquila).
D'altra parte è ben nota l'aggressività dell'aquila che spesso si avventa su tutto ciò che sente come una minaccia al suo territorio (si ricordano vari episodi di attacchi ad alianti come pare sia accaduto anche nel caso dell'aquila trovata uccisa anni fa nella zona di Berbenno e ora conservata presso l'Amministrazione Provinciale).
Le fotografie che corredano questo articolo sono state scattate dall'autore dal 1994 in poi nella zona dello Stelvio e di Livigno e in base alle marcature individuali e alla scheda di riconoscimento, ritraggono senza dubbio l'esemplare rilasciato nel 1993 in Engadina chiamato "Cic"(maschio) e forse (è difficile il riconoscimento avendo l'esemplare perso alcune penne delle ali), una femmina rilasciata a Rauris nello stesso anno, chiamata "Hans Rupert" e facevano presagire la nascita di una nuova famiglia.
I voli nuziali nel corso dei quali maschio e femmina si muovono in aria uno al disopra dell'altro, si svolgono in dicembre-gennaio e sono caratterizzati da un curioso cerimoniale: la piroetta dell'esemplare sottostante che si aggancia al partner causandone la caduta; i due esemplari avvinghiati precipitano fin quasi al suolo per poi liberarsi.
Le uova vengono deposte tra dicembre e gennaio e la cova viene effettuata sia dal maschio che dalla femmina anche se quest'ultima è più assidua in questa attività; l'incubazione dura circa 60 giorni ed il soggiorno del giovane nel nido circa tre mesi.
Per quanto riguarda le nidiate sviluppatesi nell'area Stelvio-Engadina tra il '97 e il 99, sono state quattro e tra queste quella della zona di Bormio-Livigno che finalmente dopo tre anni di tentativi andati a vuoto, ha dato finalmente il suo frutto: il piccolo denominato poi "Stelvio".
Da allora le cove sono sempre andate interrotte causa il disturbo della presenza umana nei pressi dei nidi e anche quest'anno le guardie del parco assisteranno senza dubbio alla nidificazione delle coppie presenti nella zona; si è poi formata una nuova coppia che dovrebbe nidificare tra un paio d'anni.
La presenza del Gipeto è stata segnalata negli ultimi anni anche per la zona di Piuro e della val Bregaglia, da vari birdwatchers valchiavennaschi, dai gestori del rifugio di Savogno e da Remo Maurizio, naturalista svizzero e fondatore della "Ciasa Granda" il Museo di Vicosoprano in Bregaglia.

L'Airone cinerino

Non è cosa inusuale, e bene lo sanno i pescatori che praticano il loro sport preferito lungo il corso dell'Adda, vedere, soprattutto in autunno e in primavera, qualche Airone cinerino (Ardea Cinerea) volteggiare nel cielo della Valtellina o sul greto intento a pescare.
D'altra parte non solo gli aironi ma anche trampolieri come le Cicogne bianche (Ciconia ciconia) sembra che transitino, anche se raramente, sulla nostra valle durante il passo stagionale e sembra che talvolta anche si fermino a riposare, su qualche palo della luce o in mezzo a qualche prato, come è capitato in anni passati ad Albosaggia, Bianzone, val Chiavenna e nella piana di Delebio.
Da segnalare come fenomeno più insolito è che ormai sia diventata costante (con grande dispiacere dei pescatori) la presenza di questi grandi uccelli, insieme ai Cormorani, lungo il corso dell'Adda; questi trampolieri elegantissimi ed esigenti, trovano evidentemente assai gradevole il clima, il vitto e il trattamento dei nostri alberghi e soprattutto nei mesi della vendemmia e della raccolta delle mele, in settembre e ottobre, scelgono come territorio di vacanza vari hotels con vista sull'Adda da Morbegno a Poggiridenti fino a Tirano e Grosio e più in su, forse per fare rifornimento di extradoganali, fino alla valle di Livigno; questo accade quasi sempre in coincidenza con la apertura della stagione della pesca, a spese delle nostre saporite trote di denominazione di origine controllata.
Questi bellissimi ed eleganti uccelli della famiglia degli Ardeidi, e dell'ordine dei Ciconiformi, date le loro considerevoli dimensioni vengono in genere classificati nel gruppo dei cosiddetti grandi Aironi, con una apertura alare che va dai 175 ai 195 cm. e una lunghezza del corpo di circa un metro, di passo regolare, localmente stazionari estivi e nidificanti, parzialmente invernali, frequentano durante il periodo riproduttivo la zona temperata europea compresa tra il 35° e il 50° parallelo, stazionando in Italia soprattutto in zone umide come il parco del Ticino o il delta del Po, comprese le risaie della pianura padana dove, passando in auto sull'autostrada Milano-Torino o Milano-Genova è facile vederli pasturare tranquilli nelle acque basse insieme a garzette o altri limicoli ; durante i suoi spostamenti e le sue migrazioni può frequentare ad ogni modo anche le coste del mare e le zone aperte asciutte.
Al gruppo dei "piccoli Aironi"appartengono invece, aironi le cui dimensioni di apertura alare sono comprese in genere tra i 50 e i 130-135 cm. come l'Airone guardabuoi (Bubulcus Ibis), il Tarabuso (Botaurus stellaris) e il Tarabusino (Ixobrichus minutus).
La nidificazione avviene, per la maggior parte degli Aironi in colonie, ma ciascuna specie ha poi abitudini differenti ; l'Airone cinerino predilige in genere i boschi naturali ad alto fusto a pioppo, quercia, robinia, pino e ontano, con installazione del nido ad un altezza di circa 20-30m.; il periodo di deposizione delle uova (da 3 a 5) di color verde-bleu pallido, va in genere dai primi di marzo alla metà di aprile, mentre la cova dura circa 25 gg. ; l'involo dei piccoli avviene dopo circa 50gg.
Le fotografie qui riprodotte si riferiscono ad Aironi fotografati nella zona di Poggipiano che sono soliti sostare per gran parte della giornata proprio sugli alti pioppi situati nei pressi della statale o su quelli più vicini al percorso del fiume, per poi spostarsi per il pasto, quasi sempre in gruppo, nel greto dell'Adda.
Il birdwatching dell'Airone cinerino è abbastanza difficile dato che è un uccello assai vigile e attento e al minimo fruscio, si alza in volo con battiti solenni d'ala per spostarsi anche solo di un centinaio di metri ; relativamente più facile è avvicinarsi alla candida Garzetta (Egretta garzetta) che è forse l'ardeide più comune in Italia, mentre molto più rari nel nostro paese sono senza dubbio l'airone rosso (Ardea purpurea), l'Airone bianco maggiore (Egretta alba) e l'Airone guardabuoi (Bubulcus Ibis).
A differenza degli altri Ardeidi, il Cinerino è per così dire parzialmente sedentario e non va a svernare regolarmente in Africa; il cibo preferito degli Aironi in genere sono pesci, rane, girini, rettili, crostacei e molluschi, che vengono catturati sia restando immobili che camminando lentamente nell'acqua con movimenti improvvisi e decisi del lungo collo e del relativo becco di colore giallo, che in questi casi diventa un'arma micidiale.
L'attenzione per la fauna locale, a parte quella assai interessata degli onnipresenti cacciatori, si sta diffondendo un po' ovunque anche al di fuori degli ambiti tradizionali delle associazioni ambientaliste o protezioniste legate alla politica della"wilderness" e anche in Valtellina ed esattamente presso il Museo civico di storia naturale di Morbegno è operativo da alcuni anni l'Osservatorio ornitologico valtellinese che esercita, un'attività assai meritoria nel settore, organizzando periodicamente tutta una serie di iniziative, scaglionate durante l'arco dell'anno, tese allo studio dell'avifauna locale e non solo locale e all'approfondimento di temi e attività particolari come quella della conta delle specie in transito o quella dell'inanellamento, effettuate in determinati periodi presso l'oasi di Novate Mezzola.

La presenza sul nostro territorio di uccelli così nobili e belli ci rallegra, e se anche forse sfugge alla grande massa, sono convinto interessi tutti coloro che amano la natura e in particolare la fauna e tutti quelli che sperano che con una sensibilizzazione maggiore della popolazione e delle istituzioni su certi aspetti, si arrivi gradualmente anche ad un maggior rispetto dell'ecosistema in generale, con una diminuzione dell'inquinamento e una maggior cura delle nostre preziose risorse ambientali, tra cui non trascurabili sono quelle idriche, oggi quanto mai sfruttate.



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