Il maestoso volo del gipeto è ormai diventato una consuetudine nei cieli di Valtellina



(da Alpes n.7-8 Luglio-Agosto 2000)

Nel mese di Giugno la stampa locale annunciava il rilascio di due gipeti sul versante atesino del Parco dello Stelvio, esattamente presso il ristoro "Stallwies", alla presenza del presidente della fondazione pro gipeto Chasper Buchli e la nascita in quel di Livigno, di un altro piccolo gipeto, battezzato proprio con il nome della nostra più importante località turistica.
Sono notizie che forse sfuggono ai più ma che sono importanti per chi ama la natura e la fauna in particolare e per chi spera che con una sensibilizzazione maggiore della popolazione e delle istituzioni su certi aspetti, si arrivi gradualmente anche ad un maggior rispetto dell'ecosistema in generale, con una diminuzione dell'inquinamento e una maggior cura delle nostre preziose risorse ambientali, tra cui non trascurabili sono quelle idriche.
Queste notizie sono ancor più importanti se si pensa che, nonostante il progetto per la reintroduzione del gipeto nelle Alpi sia partito 22 anni fa, questo rapace è ancora così raro da richiamare l'interesse di turisti e appassionati bird-watchers da tutto il paese; la rarità di questo avvoltoio, chiamato anche impropriamente "avvoltoio degli agnelli", dipende dalla difficile riuscita delle covate che raramente hanno buon esito, tanto è vero che la coppia che da tre anni nidifica nella valle del Braulio, nonostante sia stata sorvegliata dagli addetti del Parco dello Stelvio, è riuscita sino ad oggi a dare alla luce solo un piccolo a cui poi è stato dato il nome di "Stelvio".
Il gipeto quindi, rapace scomparso dalle nostre montagne circa un secolo fa, è diventato, dopo che alcuni esemplari hanno varcato il confine del vicine Parco Nazionale svizzero, stabilendosi in quello dello Stelvio, il più grande rappresentante dell'avifauna indigena.
Un articolo apparso alcuni anni fa sui Quaderni Valtellinesi tracciava a brevi linee la storia degli ormai "nostri" gipeti e ne riportiamo qui alcuni brani: Il progetto di reintroduzione nato sotto l'egida del WWF e dello IUCN, ha previsto lanci in quattro zone dell'arco alpino: all'avvio dell'esperimento nel 1986, a Rauris(A) e nell'Alta Savoia(F), poi nel 1990 in Engadina(CH) e nella zona Argentera Mercantour(I/F), utilizzando solo esemplari prelevati da zoo o dal centro di allevamento di Vienna, dato che l'unica area in cui la specie non è attualmente minacciata, cioè i Pirenei, non era in grado di tollerare alcun prelievo.
Le attente guardie del Parco Nazionale, diventate in questo caso degli ottimi bird-watchers, hanno avvistato per la prima volta nel 1993 in val Zebrù, addirittura tutti e 7 gli esemplari rilasciati in Engadina in volo assieme ad un esemplare austriaco contandone 6 con permanenza stabile sul nostro territorio, che sono stati in seguito avvistati con una certa continuità nei cieli dell'alta valle.
Dovrebbe trattarsi di patrimonio protetto anche se poi questa protezione è del tutto relativa: è infatti accertato che uno dei magnifici esemplari che si erano insediati nella zona dello Stelvio, di nome Felix, si sia malauguratamente imbattuto alcuni anni fa, durante uno sconfinamento in territorio altoatesino, nel solito imbecille a caccia di trofei, che non ha esitato ad abbatterlo con un colpo di fucile.
Si può quindi facilmente capire come in passato si sia arrivati allo sterminio di questo straordianrio uccello, già odiato immeritatamente dai pastori, che intorno al camino nelle lunghe sere invernali si tramandavano leggende di attacchi ai loro greggi; esso divenne poi per la sua rarità un trofeo sempre più ambito dai cacciatori (l'ultimo esemplare venne ucciso in Valle d'Aosta nel 1913).
Tempo fa una bella mostra sul gipeto e sulla sua reintroduzione nelle Alpi fu presentata presso il Museo di Storia Naturale di Morbegno ed in quella occasione filmati e tabelloni spiegavano che questi enormi uccelli sono estremamente docili e mansueti e che nonostante il loro antico appellativo, prova della cattiva fama di cui godevano come predatori di agnelli, in realtà non sono in grado di sollevare pesi superiori ai 2 kg e 1/2, cosa che non si sforzano neanche di fare in quanto il loro pasto è costituito quasi esclusivamente da ossa di carogne.
Questo non esclude che in casi di necessità (la pastorizia è in netto calo) il gipeto si nutra anche di carne fresca come quella molto grassa e saporita della marmotta; a proposito poi delle sue capacità di trasporto ho la prova fotografica di un gipeto che trasporta ad alta quota una marmotta il cui peso è senza dubbio superiore ai 2 kg e 1/2.
Estremamente ingegnoso è il sistema con cui le ossa più grandi vengono spezzate: dopo ampi volteggi per alzarsi di quota, l'osso viene lasciato cadere sulle rocce sottostanti dove si frantuma in mille pezzi.
La solennità del volo del gipeto lascia senza parole e l'ampiezza dell'apertura alare, che può raggiungere i due metri e 1/2 può far rabbrividire anche la persona preparata a questi incontri, quando se lo vede volare silenzioso pochi metri sopra la testa; devo dire però che a differenza dell'aquila che ha sempre un atteggiamento minaccioso e fiero, il gipeto non incute paura e anzi col suo mento barbuto, l'avvicinarsi curioso e l'aspetto decisamente originale, ispira un senso di fiducia e simpatia.
Di certo è vero, come osserva F.Framarin ne "Il Gipeto e le Alpi-Storia di un ritorno", che per un protezionista come per chi ama semplicemente la natura, il massimo della gioia è raggiunto in rari incontri ravvicinati con le grandi bestie selvatiche nel loro ambiente naturale: un momento di pochi istanti il cui ricordo non scomparirà mai.
Come l'Aquila, il gipeto depone normalmente due uova, anche se, a differenza degli altri uccelli, non in primavera ma in inverno, dato che il suo cibo primario che, come detto, è costituito da ossa e animali morti, è più abbondante alla fine della stagione fredda quando si liberano dalle nevi le carogne degli animali uccisi dalle malattie, dal gelo o dalla caduta di valanghe
Come succede per pochissime altre specie di rapaci come l'aquila anatraia minore (in questo caso non per fame come per la maggioranza degli altri rapaci), si verifica poi nelle prime settimane di vita quel crudele ma inevitabile fenomeno denominato "cainismo" per cui il più forte dei due piccoli nati, in genere quello più anziano, uccide il più debole.
Interessante sarebbe prendere in esame il comportamento sullo stesso territorio di questi due maestosi rapaci che pur scontrandosi spesso in tremendi conflitti aerei, non dovrebbero essere in concorrenza tra loro nell'ambito della catena biologica naturale ma anzi integrarsi reciprocamente (è segnalato addirittura un caso di collaborazione di un gipeto nella costruzione di un nido d'aquila).
D'altra parte è ben nota l'aggressività dell'aquila che spesso si avventa su tutto ciò che sente come una minaccia al suo territorio (si ricordano vari episodi di attacchi ad alianti come pare sia accaduto anche nel caso dell'aquila trovata uccisa anni fa nella zona di Berbenno e ora conservata presso l'Amministrazione Provinciale).
Progetti di reintroduzione come quello del gipeto e dello stambecco, e come quelli previsti per il futuro per l'orso, la lince o il lupo, rappresentano una vera e propria sfida all'inevitabile avanzare del progresso tecnologico, al peggioramento della situazione ecologica e alla paura atavica dell'uomo verso animali che hanno sempre rappresentato il terrore delle greggi, ma hanno in sè di certo qualcosa di affascinante forse proprio perché difficili da realizzare e costituiscono una speranza per le nuove generazioni che potranno forse convivere con animali che nemmeno si sospettava potessero mai più far risuonare il loro richiamo nelle nostre ampie vallate.



[Home] [Fauna] [Flora] [Minerali] [Paesaggi] [Testo] [Abstracts] [Links] [Bibliografia] [Articoli]