I colori dell’autunno valtellinese



[…] Nell'autunno del 1937 feci la mia prima apparizione in Valtellina. Era un fulgido autunno colorato e la valle mi apparve in tutta la sua ricchezza di tinte e di toni anche se quel ritornante risuonare di campane a ruota, per me desueto, metteva in corpo una certa vena di melanconia. […] Attraverso l'acquerello e il guazzo, pian piano, tutta una riscoperta del colore dal vero, una magnifica avventura. Era come una riesplorazione della natura. Una campionatura dei colori, delle campiture, direttamente dall'originale. I cieli che non sono quasi mai azzurri, gli alberi e i prati che non sono quasi mai verdi,gli accordi di toni nella macchia, così deliziosi […]. Questi brani tratti dagli scritti autobiografici dell’artista Livio Benetti, rendono nel modo migliore le sensazioni di sempre rinnovato stupore e lo stato d’animo in questo caso dell’artista, ma che possono essere di chiunque si trovi dinnanzi alle meraviglie dei colori della natura valtellinese nel sistematico e monotono alternarsi delle stagioni. La Valtellina infatti è un paradiso di colori in ogni stagione, anche in quella invernale che può a prima vista essere considerata una stagione incolore, appiattita sulla monotonia del colore bianco, ma certamente dà il meglio di sé stessa nel periodo autunnale quando le grandi distese di larici o di faggi in montagna e i ciliegi selvatici più in basso, si colorano di quei gialli, di quelle terre di Siena e di quei rossi che danno il via a quella sinfonia di gradazioni tanto apprezzate da artisti e fotografi. Mentre in primavera i versanti verdi della valle sono chiazzati solo dai bianchi fiori dei ciliegi e più in basso dal giallo e dal bianco delle acacie, robinie e maggiociondoli, l’autunno è completamente diverso: lungo l’Adda, il lento fluire delle acque fa da palcoscenico a una scenografia costituita da multicolori pezzotti, formati da brandelli di boscaglie di ontani, castagni, betulle, ciliegi, pioppi e robinie. Dal Monte Bassetta e dalla Brusada sopra Cino, si contempla lo scenario della Val Chiavenna e del Lago di Como, dove si snodano come serpenti nel dormiveglia i nastri argentati dell’Adda e della Mera, contornati dai colori autunnali della pianura e dei versanti, che si intravedono nella nebbiolina stagionale. Soprattutto il versante retico da Buglio fino al Rolla è tutto un concerto di colori che suona melodie di una dolcezza infinita per chi, più sensibile a attento di altri, sappia percepirle. Salendo in autunno inoltrato verso Torre Santa Maria in Val Malenco, non può sfuggire agli occhi del passante più sensibile, l’esplosione di colori che caratterizza i due versanti della valle, sia quella destra dove tra i castagni dei boschi di Cucchi, Erta, Gaggio, Mialli e Portola, si alternano macchie di giallo, rosso, bruno, arancio, sia quello sinistro dove sopra Cagnoletti, verso Marsciana si possono ammirare tavolozze dei rossi più intensi . Chi sale poi a ottobre o novembre verso Campo Moro o a Chiareggio, non può non rimanere colpito dall’intensità e varietà di gialli delle foreste di larici inframmezzate da rare betulle e dal rosso dei sorbi, in contrasto col verde quasi nero degli abeti, dominate appena sopra dal bianco dei ghiacciai e dal blu del cielo. Percorrendo la Valtellina l’occhio è colpito dall’ordinato ingiallirsi dei vigneti sui terrazzamenti e dalle pennellate rosse che tingono i boschi sopra Bianzone, verso Piazzeda o sopra Mazzo fino al Mortirolo, per non parlare dei versanti della valle sopra Tirano fino a Bormio e Livigno dove fanno da padroni i gialli e le terre bruciate dei boschi di larici. Ma quale è la differenza tra artista pittore e fotografo di fronte a questa realtà meravigliosa che è il paesaggio: chiaramente entrambi danno una propria versione di quello che vedono anche se il pennello è senza dubbio un filtro di maggiore spessore che rende ben più evidente, soprattutto all’occhio del non esperto, la diversa interpretazione tra artista e artista. Così sempre Livio Benetti si riferisce alla capacità interpretativa dell’artista: […] E’ la creazione del pittore-artista quella che ci dona l’emozione di prima mano, il fatto che nei segni, nei colori, nelle forme create sulla superficie del quadro, l’artista ha inserito un’anima che parla attraverso le immagini e ci racconta, innanzitutto dell’artista, della sua personalità, della reazione di questa alle emozioni suggerite in lui dalla natura alla quale si è momentaneamente affidato e abbandonato per trovare un catalizzatore che gli permetta scioltamente di estrinsecare sé stesso e di affermare per ciò stesso la sua indipendenza dal mondo naturale e una più reale individualizzazione della sua coscienza di essere qualcuno.”[…] “Certamente ognuno di noi in un paesaggio vede sì, qualcosa di oggettivo, ma molto di più interpreta soggettivamente proiettando fuori di sé le proprie esperienze, la propria cultura specializzata, in modo che si crea una gerarchia tutta personale fra le cose viste, che si riordinano nell’immagine soggettivamente non solo vista, ma capita col cervello; percepita, in modo diverso da persona a persona. Questa «scelta» diventa ancora più evidente, come filtro personale nell’artista pittore, perché viene documentata nell’opera che segna esattamente come in una registrazione, il succedersi di questi fenomeni di interpretazione soprattutto se si ha modo di controllare il quadro col «motivo» dal quale è stato ripreso, meglio suggerito. Ed è questa libertà di scelta che produce nell’artista quello stato come di esaltazione; una compiaciuta soddisfazione di padroneggiare la natura, di esserne come il protagonista. Ecco il motivo profondo che ha provocato lo spunto iniziale del movimento impressionista, con le scuole all’aperto, con il lirismo appassionato per il «plein air», le scuole libere elettive della «Foresta di Fontainebleau» di Argentuil, la Provenza, Pont Aven, fin nella fuga esotica verso le isole del Sud, Tahiti, e per i nostri pittori indigeni il Maloja di Segantini…….Perché il quadro, per avere in sé quella scintilla di vita che è creazione dello spirito, non può essere pedissequa e sterile imitazione, mimesi servile, inganno, illusione ottica, ma deve essere personale registrazione di una appassionata scelta, come uno specchio dove si rifletta il meglio spirituale della sua personalità che prende come corpo materiale nelle forme istintivamente scelte fra quelle più adatte, ad essere così, come un supporto dei valori dello spirito, fra quelle generosamente suggerite dalla natura. […]. Certamente, di fronte a un paesaggio, come di fronte a qualsiasi cosa, opera d’arte o fenomeno che ci lasci a bocca aperta, è essenziale per chiunque un senso di rispetto e di umiltà verso ciò che ci circonda, ben sintetizzato in questo ultimo brano di Livio Benetti, quasi un suo testamento spirituale. […] “Quest’estate la natura era stupenda, la montagna coi suoi colori splendenti, suggeriva sempre nuovi colori, sempre più vividi e luminosi, si dipingeva lassù come in una canzone e il cuore pulsava rapido come in una nuova giovinezza.. Si sentiva nell’aria, l’armonia del creato, che confortava la creatura. Possa il Signore darmi ancora forza e coraggio, per dire queste cose con sentimento e parteciparle umilmente agli altri.”





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